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Il dollaro affonda dopo la pubblicazione dei dati sull’inflazione USA in calo

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14 November 2022

scritto da
Enrique Díaz-Álvarez

Chief Financial Risk Officer di Ebury

La settimana scorsa è finalmente arrivata la notizia che i mercati speravano disperatamente di ricevere.

L
’inflazione negli Stati Uniti è risultata inferiore alle attese, i rendimenti statunitensi hanno avuto il maggiore crollo dall’inizio della pandemia e gli asset rischiosi in tutto il mondo hanno registrato importanti guadagni. Il dollaro ha subito uno dei più forti ribassi della storia, perdendo tra il 6% (contro lo yen giapponese) a poco meno del 2% (contro il dollaro canadese, il secondo peggior performer della settimana). Anche le valute dei mercati emergenti sono salite. L’eccezione degna di nota è stata il real brasiliano, con i mercati che hanno reagito brutalmente a un discorso di Lula che suggeriva di essere a favore di un aumento della spesa pubblica a deficit, come ha fatto Liz Truss nel Regno Unito.

Questa settimana l’attenzione si concentrerà su una serie di report sull’inflazione del mese di ottobre in diversi paesi del G10, tra cui Svezia, Canada, Regno Unito e Giappone. Saranno esaminati alla ricerca di segnali di un picco dell’inflazione, anche se riteniamo che la sorpresa positiva della scorsa settimana proveniente dagli Stati Uniti non possa essere trasposta in altre aree economiche. Presteremo attenzione anche ai due interventi in programma della Lagarde. Per il momento, l’inarrestabile rally del dollaro sembra aver raggiunto il suo picco ed è probabile che nel breve termine il ritracciamento del biglietto verde possa continuare.

EUR

Nessuna notizia dall’Unione Europea la scorsa settimana, con l’euro che si è mosso grazie all’inflazione USA. Anche le notizie di un allentamento delle restrizioni COVID da parte della Cina, che favorirebbe la crescita delle esportazioni europee in quel paese, hanno supportato la valuta comune, che ha guadagnato il 4% rispetto al dollaro.

Il livello del tasso terminale della BCE scontato dai mercati ci sembra ancora troppo basso e non in linea con la realtà economica attuale e con la continua crescita dell’inflazione. Vedremo se la Lagarde accennerà a questo nei suoi due interventi, mercoledì e venerdì Non ci sarà molto altro a muovere i mercati dell’Eurozona questa settimana.

USD

Il rapporto sull’inflazione di ottobre ha fornito buone notizie. I prezzi sono risultati inferiori alle attese e hanno fatto scendere sia l’indice core che quello headline rispetto al mese precedente. Il dato principale è ormai in calo da alcuni mesi, a differenza dell’indice core, più importante, il quale non scende ancora, ma non è nemmeno in crescita.

Questa settimana non usciranno dati importanti dagli Stati Uniti, ma parleranno almeno sette membri della Fed. I mercati presteranno molta attenzione alle loro parole, alla ricerca di indicazioni sull’impatto che il dato sull’inflazione della scorsa settimana avrà sulle aspettative della Fed per il rialzo di dicembre e sul tasso terminale.

GBP

Il rapporto sul PIL del terzo trimestre della scorsa settimana ha dato notizie contrastanti. Pur essendo migliore del previsto, risulta essere ancora negativo. Ciò significa che il Regno Unito potrebbe già trovarsi in una recessione tecnica, anche se finora i dati sono compatibili con una recessione breve e poco profonda. Questa settimana sarà ricca di dati provenienti dal Regno Unito.

Il rapporto sull’occupazione di martedì verrà accompagnato dai dati sull’inflazione di mercoledì. Il primo dovrebbe rivelare una forte crescita dei salari per il mese di ottobre. Il secondo, un’inflazione core costante e ben al di sopra del 6%. Recessione tecnica o meno, non crediamo che la Banca d’Inghilterra possa permettersi di interrompere la stretta in tempi brevi in questo contesto e ci aspettiamo un tasso terminale più alto di quello dei mercati.

 

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