GUERRE COMMERCIALI E DEFICIT: DOLLARO IN DISCESA, ATTESA PER LA FED

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27 May 2025

scritto da
Enrique Díaz-Álvarez

Chief Economist di Ebury

I mercati sono in allarme. La prospettiva di deficit fiscali illimitati e l’aumento del debito pubblico, specialmente negli Stati Uniti, stanno sollevando forti preoccupazioni.

L
a recente approvazione del un disegno di legge di bilancio USA, la quale implica un’ulteriore impennata del “rosso”, ha portato gli investitori a vendere titoli del Tesoro statunitensi e il dollaro. Sebbene il dollaro tradizionalmente si rafforzasse con l’aumento dei tassi USA, questa correlazione si è invertita a partire del “liberation day”. Le obbligazioni a lungo termine hanno infatti subito forti vendite a livello globale, con i movimenti particolarmente accentuati negli Stati Uniti . Il dollaro è calato contro tutte le principali valute, pur rimanendo lontano dai minimi post “liberation day”. A inizio settimana, lo Yen Giapponese è salito, beneficiando della generale revisione dei tassi di interesse a livello mondiale.

Questa settimana l’attenzione si sposta sugli Stati Uniti, con una serie di importanti dati economici in arrivo. Occhi puntati su ordini di beni durevoli, reddito personale, spesa e inflazione PCE, oltre al dato cruciale sulle richieste settimanali di sussidi di disoccupazione. I mercati analizzeranno attentamente questi indicatori per valutare l’impatto dei dazi di Trump. Anche se i messaggi sui social media di Trump continuano a far notizia, come dimostrato dall’annuncio e dal successivo rinvio di un dazio del 50% sull’Unione Europea, i mercati sembrano ormai abituati a queste esternazioni. Saranno invece le aste settimanali dei buoni del Tesoro USA a richiamare maggiore interesse. Questo dopo che una debole vendita di obbligazioni a 20 anni ha innescato un’ondata di vendite sul lungo termine. Questa settimana i mercati potrebbero dunque concentrarsi sulle vendite di titoli a più breve scadenza.

EUR

L’UE è l’ultimo bersaglio delle minacce di dazi di Trump, ma i mercati sono ormai abituati a molto rumore e poca sostanza dal Presidente USA. L’Euro ha ignorato sia la minaccia sia il successivo ripensamento, trovando un trend al rialzo più solido ma più graduale. Il quadro fiscale dell’Eurozona è nettamente migliore rispetto agli Stati Uniti, con deficit medi stabili e inferiori alla metà di quelli oltreoceano, nonostante il piano fiscale tedesco.

Questa maggiore stabilità fiscale sta probabilmente supportando la moneta comune, poiché gli investitori si concentrano sempre più sulla sostenibilità finanziaria. La nota dolente è che le buone notizie sull’inflazione potrebbero aver aperto la strada ad almeno due ulteriori tagli dei tassi da parte della BCE.

USD

Il sell-off sui mercati obbligazionari, alimentato dai timori fiscali, sta spingendo al ribasso il Dollaro USA, invertendo correlazioni valutarie che duravano da decenni. Sul fronte positivo per il biglietto verde, i dati economici mostrano pochi danni legati ai dazi, e persino le indagini sull’attività economica stanno tornando alla normalità. Paradossalmente, il forte aumento delle entrate dai dazi è l’unica nota fiscale positiva.

Questo, insieme ai rendimenti dei buoni del Tesoro USA in forte aumento e a un mercato molto sbilanciato dove i dati di posizionamento mostrano che gli speculatori sono significativamente short sul dollaro, potrebbe offrire un sollievo a breve termine per la valuta. Tuttavia, il trend a lungo termine per il dollaro è probabilmente in discesa.

GBP

Il massiccio shock inflazionistico della scorsa settimana ha pienamente confermato la linea aggressiva della Banca d’Inghilterra. Di conseguenza, la Sterlina si conferma la seconda valuta del G10 con il tasso più alto dopo il dollaro per il prossimo futuro. A ciò si aggiungono la relativa immunità dell’economia britannica dai dazi di Trump, le prospettive di legami più stretti con l’Unione Europea e una domanda interna resiliente.

Tutti questi fattori ci spingono a giustificare il continuo rialzo della Sterlina. Questa settimana non sono previsti importanti dati o discorsi dei policymaker – un peccato, dato che siamo ansiosi di conoscere la reazione del Comitato di Politica Monetaria (MPC) al “brutto” shock inflazionistico della scorsa settimana.

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