I toni dovish della BCE sostengono il dollaro, mentre consolidano i rendimenti americani

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L’aumento generale della propensione al rischio ha sostenuto il dollaro la scorsa settimana.

I
forti dati sulla crescita economica negli Stati Uniti, l’aumento dei rendimenti dei treasury e le parole della BCE riguardanti la possibilità di un taglio dei tassi nel prossimo meeting di settembre hanno favorito il biglietto verde, che ha chiuso la settimana in rialzo rispetto a tutte le principali valute mondiali. L’unico aspetto positivo per l’euro è stato il fatto che è riuscito a chiudere al di sopra del livello di 1,1100 nonostante i dati economici negativi dell’eurozona e i toni accomodanti della BCE.

Anche questa settimana si preannuncia volatile. Il focus principale sarà ovviamente l’incontro della Fed di mercoledì, con i mercati che cercheranno di capire quanto accomodanti saranno i toni della banca centrale, dopo gli sviluppi positivi negli ultimi dati economici e nell’inflazione. La riunione della BOE giovedì conclude una settimana piena di incontri chiave delle banche centrali. Infine, giovedì vedremo i dati sulla crescita del PIL dell’eurozona per confermare l’entità del rallentamento economico come sottolineato dalla BCE la scorsa settimana e venerdì ci saranno i Non Farm Payroll statunitensi.

EUR

È stato abbastanza sorprendente il modo in cui l’euro ha retto nonostante il flusso di notizie negative della scorsa settimana. Gli indici PMI manifatturieri sono scesi ulteriormente a livelli ancora più bassi. Mentre il più importante dato riguardante i servizi ha tenuto abbastanza bene, quello manifatturiero non sembra ancora aver toccato il fondo. Inoltre, giovedì, la BCE ha chiarito che nuove misure espansive verranno prese in considerazione già nella riunione di settembre. Il presidente Draghi è sembrato particolarmente accomodante sia per la situazione manifatturiera che per la bassa inflazione. Considerato che le due più importanti banche centrali del mondo stanno cercando di superarsi a vicenda nello stimolare ulteriormente le rispettive economie, pensiamo ancora che l’euro possa sovraperformare rispetto al dollaro in quanto vi è più spazio per un taglio dei tassi oltreoceano.

USD

I forti dati sulla crescita del secondo trimestre negli Stati Uniti sembrano contraddire la visione pessimistica espressa dalla Federal Reserve dall’ultima riunione. La crescita ha superato le aspettative sostenuta da forti consumi, mentre gli investimenti delle imprese sono rallentati. Importante però che entrambi i deflatori siano aumentati. Nel complesso, l’economia statunitense in crescita a livelli moderati con la maggior parte degli indicatori di inflazione pari o superiori agli obiettivi della Fed non sembrerebbe innescare ulteriori stimoli monetari oltre il taglio praticamente certo che avremo questa settimana. Tuttavia, sarà la Fed ad avere l’ultima parola in merito. Riteniamo che il “dot plot” in cui i membri della Fed forniranno la loro stima futura del percorso dei tassi di interesse sarà fondamentale. È infatti possibile che, fino ad ora, i mercati siano stati troppo ottimisti nello scontare fino a quattro tagli nei prossimi 12 mesi.

GBP

L’elezione di Boris Johnson come primo ministro non ha mosso molto la sterlina, visto che la notizia era già scontata dal mercato. L’assenza di novità ha sostenuto la sterlina che ha performato meglio di tutte le valute G10, tranne il dollaro. Poche notizie dal fronte Brexit, con Johnson che ha chiesto una revisione degli accordi sul confine irlandese e l’UE che ha ribadito come l’intesa attuale non possa essere rinegoziata. Le probabilità di una Brexit senza accordo stanno lentamente aumentando, ma il nostro scenario base rimane che la questione Brexit non si potrà risolvere in nessun modo senza passare per nuove elezioni generali.

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